Riprendo un pezzo del libro di Andrea Colamedici e Maura Gancitano:
Chi finisce a svolgere un lavoro per cui non deve effettivamente lavorare alla lunga non si sente fortunato, ma si sente vuoto, inutile. Graeber cita molti esempi di persone che, a un certo punto, hanno mollato questi impieghi facili e svilenti per sceglierne altri, più faticosi ma sensati.
Gli esseri umani hanno bisogno di riposo, i lavori degradanti incidono sulla salute fisica e psicologica, in pochi traggono benefici da ritmi di lavoro costanti e intensi, eppure gli stessi effetti nefasti possono provenire anche dalla sensazione di non star facendo niente di utile.
Siamo animali talmente sociali che l'inattività totale e il senso di inutilità possono provocarci un decadimento fisico. Ci fa male lavorare dalle nove alle diciassette - e figuriamoci quando il tempo del lavoro è ancora più dilatato - ma ci fa male anche non avere niente da fare.
Buona giornata!
Francesco