Sicuramente degno di nota è questo estratto di un articolo di Silvia Avallone uscito su 7Corriere:
"Il tutto è pieno: compatto, satollo. È un imperativo: bisogna. Se non ce la fai, allora è colpa tua. Vuol dire che non ne sei all’altezza.
Se hai una brillante carriera, ma non dei figli, sei mancante. Se hai una relazione appagante, ma ti arrabatti con lavoretti saltuari, sei mancato.
Se hai un’occupazione stabile, una famiglia, però sei stanco morto e in crisi, non eri degno dell’obiettivo. Che è sempre tutto. Una parte è sinonimo di medaglia di legno.
Vorrei avere un piccone per smantellarlo, questo tutto. Perché è una menzogna che ha fatto sentire me e molte persone che amo inadeguate.
Quando ho attraversato periodi d’intensa fragilità, scorrere sui social le prove fotografiche del tutto mi affossava.
Quando ero appena uscita a pezzi da una perdita, i favolosi racconti mediatici del tutto mi ributtavano a terra.
C’era questo clamoroso fraintendimento nell’aria: se ottenevi tutto eri nel giusto, e se ti attestavi in un parziale che magari ti era costato una fatica immane, nello sbagliato.
Per fortuna ho potuto contare sui romanzi, sulle poesie, che raccontano invariabilmente questo: lo scacco tra noi e la vita.
Ho imparato a chiedere aiuto. È stato così, parlando con i libri e con gli altri, che ho compreso che i vuoti non vanno nascosti o illusoriamente riempiti, bensì mantenuti. Ascoltati, attraversati. Perché sono loro: le nostre rinunce, sconfitte, fragilità, a nutrire i pieni. E i pieni sono possibili proprio grazie ai vuoti.
(...)
Senza non ci muoviamo, non amiamo, non siamo vivi. Sono arrivata alla conclusione – sempre precaria e parziale – che il nostro essere mancanti è precisamente il nostro dono."
Buona giornata!
Francesco
Grazie mille per questa newsletter, la voglio condividere con tutti!