Citando un passaggio di Resisto quindi sono di Pietro Trabucchi:
“La capacità di resistere al disagio […] origina nel sistema di aspettative dell’individuo. Un sistema fatto di attese eccessivamente elevate rende molto più vulnerabili alla frustrazione.”
La fatica, la frustrazione, la delusione: non sono (solo) oggettive. Sono filtrate da quanto ci aspettiamo che le cose vadano lisce, veloci, perfette. E oggi, tra social e narrativa da “tutto è possibile se lo vuoi davvero”, le nostre aspettative sono spesso tarate su un mondo che non esiste.
Il punto non è smettere di desiderare. È saper tarare le attese, accogliere la fatica come parte del processo e non come errore di sistema.
È questo che distingue il vero ottimismo dall’ingenuità.
La fatica non è solo una questione fisica o mentale: è anche culturale. Crescere in un contesto che alimenta aspettative irrealistiche ci rende più fragili davanti alla prima difficoltà.
Non perché siamo deboli, ma perché pensavamo sarebbe stato più facile.
L'autore ha osservato che è diverso per chi arriva da estrazioni più umili, ad esempio contadine: lì l’aspettativa non è che tutto vada bene, ma che tutto vada comunque affrontato.
E questa forma di realismo allenato, spesso, fa la differenza.
Che ne pensate, siete d'accordo?
Buona giornata!
Francesco
E anche in questo caso non posso che rifarmi ai sistemi genitoriali che si vedono, io non ne sono sempre stato esente, dove viene chiesto ad un figlio di 9 anni che cosa vuole per cena... L'ho fatta semplice ma credo che già da qui si stia seminando l'idea che avremo quello che vogliamo, invece non sarà così, e sarebbe giusto tornare a chiarirlo subito ai nostri figli, anche in questi gesti che sembrano innocui. Bellissimo posto!
Amen