Da Chiara Ferragni a Charli D’Amelio, gli influencer muovono ogni anno un giro d’affari di miliardi reclamizzando prodotti ai loro seguaci.
Per i non markettari: In sostanza stanno vendendo un sogno - l’aspirazione a qualcosa di più importante, bello e luminoso rispetto al grigiore del mondo reale - la cui garanzia consiste nel social proof generato dalla loro fama. (Social proof = convalida sociale, ricerca di una conferma esterna)
I testimonial esistono da un bel po’ di tempo, la novità determinata dall’avvento dei social network non è l’esistenza delle influencer, ma il nostro modo di seguirli.
Hanno un accesso diretto al nostro cellulare e usano questo canale privilegiato per offrirci scorci intimi delle loro vite private. Postano foto e video dalle loro ville e vacanze, rivelano dettagli sulle loro famiglie, le loro paure e passioni.
Sono i trendsetter di una cultura online sempre più spalmata sulla ricerca di attenzione per la realizzazione personale.
Tenendo giorno e notte i riflettori puntati su di sé, questi individui finiscono per apparirci più reali e infinitamente più umani che nelle immagini patinate delle riviste.
Danno l’illusione di “partecipare” alle loro vite - gli alti e bassi, i figli, le faide, i ricoveri, i cani. E quando siamo coinvolti, possono venderci qualsiasi cosa.
Tornando a noi, scegliendo di diventare un follower, si fa man bassa di contenuti, dai post delle star a quelli del vicino di casa, il rischio è che a poco a poco si smetta di distinguere le persone che appartengono davvero alla nostra vita da gente che non sa nemmeno della nostra esistenza.
Un’analisi tratta dal saggio FOMO Sapiens di Patrick J. McGinnis. Magari sono cose che già conoscete bene, ma soffermarsi sui meccanismi ogni tanto male non fa. :)
Buona giornata!
Francesco